Serenate al Balcone
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Serenate al balcone

Mancano pochi giorni alla Settimana dell’Amore nella città di Belluno e chissà quante giovani sperano in una serenata sotto la propria finestra.

Giovedì 26 marzo infatti sarà possibile dedicare alla propria dolce metà una serenata d’altri tempi, con la musica e le canzoni di tre gruppi bellunesi. Conosciamoli insieme.

Il Coro Minimo Bellunese

Dal 1961 il Coro Minimo Bellunese racconta, attraverso canzoni popolari e non solo, la storia e le tradizioni del territorio bellunese.
Il coro si è esibito in molte città italiane ed estere, riscuotendo sempre un grande successo.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=106IjnytnaA?rel=0]

 

The Brass Folkers

The Brass Folkers è un gruppo che nasce nel 2012 a Belluno e che gruppo: nove fiati e due percussionisti. Una vera e propria banda, capace di divertire ogni genere di pubblico.
Attraverso cover arrangiate in chiave folk, dance oppure ska portano in giro la loro musica coinvolgendo anche il più serio degli ascoltatori.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=i3VBDEOJN-4?rel=0]

 

Giorgio Fornasier

Se per la vostra serenata al balcone non volete rinunciare alla tradizione bellunese scegliete Giorgio Fornasier che, pizzicando le corde della sua chitarra, sa regalare momenti di dolcezza e divertimento nel rispetto del folklore della nostra provincia.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=O_ZgpEjLvoM?rel=0]

 

Domi – Tan

Domi-Tan è un trio femminile che avvolge in atmosfere suggestive e cariche di fascino chiunque le stia ad ascoltare.
Musiche soavi e dolcissime sanno creare il sottofondo magico per ogni dichiarazione d’amore.

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=YHogWXhNHIU?rel=0]

 

Che cosa state aspettando allora? Scegliete il gruppo che preferite e prenotate la vostra serenata scrivendo una mail a: cultura@comune.belluno.it

Alvaro Bari - Un pilota veneziano nella Resistenza feltrina
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Alvaro Bari – Un pilota veneziano nella Resistenza feltrina

Alvaro Bari – Un pilota veneziano nella Resistenza feltrina

La vita e le imprese di un ragioniere veneziano, tenente pilota e comandante partigiano che dalla Laguna Veneta si spostò nel feltrino per partecipare alla Resistenza, vengono raccontate nel libroAlvaro Bari, un pilota veneziano nella Resistenza feltrina”.

Il volume, scritto a due mani da Renato Vecchiato e Aurelio De Paoli, è un viaggio nel passato, descritto grazie a lunghe ricerche tra il tribunale militare di Verona, l’Istituto Storico Bellunese della Resistenza e dell’Età Contemporanea e l’Istituto Colotti di Feltre, oltre alla raccolta di numerose testimonianze.

In queste pagine viene ricostruita la vita di Alvaro Bari, conosciuto dai suoi compagni con il nome di Giordano, oppure Cristallo, componente della Resistenza dal 20 ottobre 1943 tra Feltre, Croce d’Aune, Fonzaso e Lamon, fino alla sua morte, quando una tragica mattina di agosto del 1944 venne catturato durante la sua ultima missione in Primiero, torturato e gettato nel Lago di Busche.

Alvaro Bari – Presentazione del libro

Il libro, pubblicato nel 2014, verrà presentato lunedì 16 marzo alle ore 18.00 presso la Sala Bianchi, nel contesto delle commemorazioni per i tristi avvenimenti del Bosco delle Castagne del 10 marzo 1945 e di piazza dei Martiri del 17 marzo 1945.
Accanto alla storia di Alvaro Bari, vengono raccontate anche quelle di Piuma, all’anagrafe Giorgio Gherlenda, e quella di Nazzari, l’aviere Gastone Velo e con le loro quelle di tanti altri che furono protagonisti della Resistenza.

venezia con la neve_Ippolito Caffi_Museo Civico Belluno
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Ippolito Caffi: le avventure di un inquieto viaggiatore

Ippolito Caffi

In un periodo in cui la pittura incontra e si scontra con la fotografia, il pittore bellunese Ippolito Caffi è capace di creare atmosfere davvero suggestive, nuovi punti di vista sperimentando una creatività innovativa in un connubio perfetto tra pennellata ed uso della gradazione luminosa.

Forse non tutti sanno che Ippolito Caffi, nato a Belluno il 16 ottobre 1809, fu uno dei primi a imprimere su tela la nuova vita notturna delle città, quando il buio della notte divenne solo un ricordo lontano, rischiarato dalle lanterne prima e più tardi dalle lampade alimentate a gas.

Il giovane Ippolito aveva una mente fervida e un bisogno impellente di scoprire, conoscere e fare nuove esperienze.

Ippolito Caffi – quando una vita sola non basta

Dopo gli anni passati a studiare a Venezia Ippolito si trasferisce a Roma dove riesce ad affinare la sua tecnica pittorica ma per pittore nato tra i monti bellunesi non è abbastanza: ci sono ancora tante cosa cose da imparare e tanti luoghi da visitare.

Parte per Napoli e poi verso l’Oriente visitando Atene, la Turchia, la Palestina e l’Egitto, per tornare in Italia nel 1844 con nuove ispirazioni e tanta voglia di esprimere tutta la sua creatività.

Arruolatosi nel 1848 nella guerra contro l’Austria, viene fatto prigioniero ma riesce a scappare e a rifugiarsi a Venezia per poi partire per Genova, la Svizzera e Torino.

Il suo animo di viaggiatore lo porta anche nelle capitali europee: a Londra per l’Esposizione Universale e poi a Parigi, successivamente in Spagna e poi nuovamente a Roma.

Per nulla esausto, anzi sempre più motivato dalle sue continue nuove esperienze, Ippolito decide di unirsi all’esercito garibaldino e dopo l’avvenuta Unità d’Italia torna a Venezia per dedicarsi interamente alla pittura.

Ma l’animo del bellunese è sempre quello di un inquieto viaggiatore, alla continua ricerca di qualcosa di nuovo e stimolante, per questo nel 1866 decide di imbarcarsi sulla Re d’Italia, la nave impegnata nella battaglia di Lissa: al fine di poter riportare su tela le immagini dei combattimenti. Proprio a bordo di questa nave Caffi trovò la morte, mentre viveva l’ultima appassionante avventura della sua vita.

Ippolito Caffi – Le sue opere

Al Museo Civico di Belluno si trovano alcune opere di Ippolito Caffi, molte altre fanno parte di collezione private, mentre una grande quantità dei suoi lavori è oggi conservata nei musei di altre città: Città del Vaticano, Copenaghen, Roma, Torino, Treviso, Trieste, Venezia.

 

 

 

Nell’Immagine: Venezia con la neve – Museo Civico di Belluno

Antipasto senza glutine
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Antipasto senza glutine

Antipasto senza glutine

Oggi Adorable propone un’altra gustosa ricetta di #cucinaconrob: un antipasto senza glutine.

Una cialda di grano saraceno e patate, con robiola di capra ed erba cipollina accompagnata da una marmellata di cipolle all’arancio.

La base è un fantastico impasto che si può preparare anche quando non si ha del pane in casa o si è stufi del solito grano raffinato. Si usa come un blinis ma la vostra fantasia può creare tante nuove varianti.

La marmellata è facile da preparare e da conservare in vasetto, opportunamente sterilizzato, ottima con i formaggi in genere.
A proposito di formaggi: se non amate la robiola va bene anche uno yogurt compatto o uno stracchino.

Antipasto senza glutine – gli ingredienti

Cialde

180 g di farina di grano saraceno
200g patate farinose
4 g di sale
olio d’oliva

Decorazione:
150 g di robiola di capra
erba cipollina qb
peperoncino o pepe qb

Marmellata:
250 g di cipolle rosse dolci
80 g di zucchero di canna
mezza arancia rossa

Antipasto senza glutine – la ricetta

Le cialde

Far bollire le patate con la buccia. Passarle allo schiacciapatate.
Unire la farina e il sale impastare a mano per 5 minuti e lasciare riposare per 30 minuti.

Dividere l’impasto in più parti e stenderle con il mattarello ad uno spessore di pochi millimetri con l’aiuto di una spolverata ambo di grano saraceno i lati. Ritagliare le cialde con un bicchiere o un coppa pasta.

Oliare una padella antiaderente e far cuocere le cialde per 2/3 minuti per lato fino a doratura.

La decorazione

Una volta che sono a temperatura ambiente, guarnire le cialde con un velo di robiola, lavorata con un pizzico di pepe, la marmellata di cipolle e l’erba cipollina.
L’antipasto senza glutine è assemblato.

La marmellata

Affettare le cipolle e stufarle in casseruola antiaderente con 3 cucchiai di acqua per circa 10 minuti. Aggiungete lo zucchero integrale di canna e cuocere per altri 15 minuti. Grattugiare la buccia dell’arancia e spremerla.
Aggiungere succo e buccia grattugiata alle cipolle.
Continuare la cottura per altri 10 minuti.

intervista Adriana Lotto
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Donne e violenza – Intervista alla Prof.ssa Adriana Lotto

Oggi si terrà il terzo e ultimo appuntamento per il ciclo di conferenze “LA VIOLENZA NAZISTA DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE”, organizzato dall’ISBREC con il Comune di Belluno per il 70°anniversario della Liberazione.

La Professoressa Adriana Lotto, una delle più grandi studiose della provincia di Belluno, per l’occasione condurrà la conferenza intitolata “Donne e violenza”, analizzando questo dramma sociale che, purtroppo, occupa ancora oggi gran parte della cronaca quotidiana.  L’incontro si terrà presso l’Istituto di Istruzione Superiore “T. Catullo” alle ore 15.30.

Noi l’abbiamo voluta intervistare e condividiamo con voi la nostra chiacchierata su questo tema che troppo spesso viene  ignorato.

1. La sua conferenza sarà centrata sui momenti cruciali della violenza sulle donne nell’arco del ‘900, e in particolare nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Come si è avvicinata a questo argomento?

Ho cominciato ad occuparmi di storia delle donne agli inizi degli anni Novanta, nell’ambito di alcuni convegni sulla Resistenza. Qualche anno più tardi, assieme a Bruna Bianchi e a Emilia Magnanini dell’Università di Venezia, ho dato vita, dirigendola per quasi dieci anni, alla rivista telematica DEP (Deportate, Esuli e Profughe) nell’ambito della quale mi sono occupata, data la mia conoscenza della storia e della lingua tedesche, delle donne  rinchiuse nei campi di concentramento, in particolare  della specificità della violenza loro inferta.  E da lì ho preso in esame altre forme di violenza come la tortura e lo stupro di massa, e quindi anche il tema della negazione dei diritti, della resistenza e della disobbedienza all’autorità, nonché la riflessione femminista sulla differenza sessuale.

2. La Seconda Guerra Mondiale rappresentò un momento di forte protagonismo per le donne: furono chiamate a interpretare ruoli inediti, a svolgere spesso compiti difficili, a reggere sulle loro spalle il peso della salvezza delle proprie famiglie. A suo parere questa “metamorfosi” portò anche qualche elemento positivo? Cos’ha da dire in proposito?

Uno dei temi a me cari è quello della cosiddetta “resistenza civile” o “senz’armi” che personalmente considero uno dei momenti in cui le donne sono uscite dal dominio del simbolico maschile e hanno tentato vie proprie, autonome, forti del loro sapere e di quello della loro madri. Pur non riuscendo, poi, a elaborare un linguaggio e una visione del mondo che traducesse quella loro straordinaria esperienza, hanno tuttavia gettato i semi di un modo diverso delle donne di stare al mondo che implica anche la questione dei diritti e della democrazia. Non si può chiedere la parità di genere, se questo significa accedere a istituzioni costitutivamente sessiste e omofobe come l’esercito, a circuiti consolidati di violenza che la presenza delle donne non mette certo in discussione. Anzi, bisognerebbe chiedersi se questa uguaglianza non sia in realtà una pari opportunità di uccidere, torturare, sottoporre a coercizione sessuale, come è successo ad Abu Ghraib.

3. Lei parla di quattro tipi di violenza: violenza subita, agita, assistita e rifiutata. Può farci un esempio per ognuna di queste?

Premesso che tutte queste forme di violenza devono essere lette alla luce della costruzione storico-sociale dei rapporti di genere, dentro e fuori del simbolico maschile, e che molto hanno a che fare con il tacito contratto sessuale cui le donne sono state sottoposte, la violenza subita, che è appunto sempre a sfondo sessuale, è quella ad esempio di cui furono vittime le partigiane o le mogli, le fidanzate o le sorelle di partigiani da parte dei repubblichini, ma anche quella inferta su spie dai partigiani stessi. In tempi più recenti lo stupro di massa delle donne bosniache. La violenza agita coinvolge per lo più le ausiliarie italiane della Banda Carità a Padova e Vicenza, ma anche le sorveglianti tedesche del Lager di Bolzano, e oggi le soldatesse di Abu Ghraib, le carceriere americane, le soldatesse curde che combattono l’Isis. La violenza assistita coinvolge chi guarda e non reagisce, quella rifiutata colui che la espunge dal proprio raggio d’azione, consentendone però a volte il dilagare, e infine quella rifiutata in nome di un altro agire che si sottragga a quella logica. Al di là di esempi e definizioni, credo che ciò che contraddistingue la violenza sulle donne è il razzismo e il sessismo ovvero l’idea della donna come essere inferiore e della donna in quanto tale, cioè altro dall’uomo, e quindi senza identità propria. Ciò che invece contraddistingue la violenza esercitata dalle donne è un’idea di parità che conduce all’imitazione, a essere cioè come gli uomini. Ciò che contaddistingue infine la violenza rifiutata è da un lato il ribadimento della propria soggezione che non crea empatia e solidarietà, dall’altro, al contrario, l’affrancamento della donna dal simbolico maschile e l’istintiva ricerca, che non necessariamente respinge l’uso della forza tout court, di modi risolutivi, ricerca che nel periodo considerato non si è però accompagnata, come ho detto sopra, allo sforzo di  elaborare un proprio ordine simbolico come mediazione, cioè traduzione in discorsi e ideologie, di esperienze specifiche.

4. Parliamo dell’attualità. Da un’indagine Istat è emerso che il maggior numero di violenze avviene all’interno delle mura di casa. Ma questo come si sposa con la cronaca di tutti i giorni che indica come un’urgenza prioritaria la violenza ad opera di estranei?

Come ho detto, le donne sono state sottoposte a un tacito contratto sessuale per il quale le violenze dentro le mura domestiche si sono sempre, e continuano ad essere, consumate senza che le vittime vi si sottraggano denunciandole. Ogni violenza non è altro, come ha detto Emma Schiavon, che una ripetizione della ripetizione. Certo è che fa comodo parlare di altre violenze, quelle di cui si rendono responsabili estranei, meglio se extracomunitari. Il fatto è che ancora non si vuole guardare in faccia la realtà e cioè, in questo caso, che anche la famiglia può essere un’istituzione fondata sulla violenza psicologica e fisica, sulla coercizione e sulla sottomissione sessuale. Oggi tutto questo è più visibile perchè l’informazione ne dà conto, perchè le violenze sfociano spesso in barbari assassinii. E questo accade, io credo, perchè si è rotto il contratto sociale e nel disordine simbolico che ne è seguito abbiamo smarrito quello che Luisa Muraro chiama “il senso di un orientamento condiviso” così da lasciare campo libero agli eccessi.

 

venerdìincentrobelluno
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Cosa fare venerdì sera a Belluno?

Venerdì sera a Belluno

Il venerdì sera a Belluno si passa in centro!
Il 20 febbraio il fine settimana si apre con buona musica e degustazioni enogastronomiche nei locali della città.

I locali del centro storico come bar, ristoranti e pizzerie hanno unito le forze per trasformare il venerdì sera in un momento di aggregazione e divertimento per il salotto ai piedi del monte Serva.

Quattordici locali che proporranno musica live e dj set oltre a specialità da leccarsi i baffi.

Venerdì sera a Belluno, cosa fare?

Cosa fare il venerdì sera a Belluno? Senza dubbio non mancano le opportunità.

Dando uno sguardo al programma realizzato da Belluno la Notte si scopre che l’offerta musicale è davvero completa: dal Soul-House-Dub-Afrobeat di Demis e Mole al Bistrò Bembo alla deep tech di giamP all’Astor fino al blues degli Sugar Brown Blues Experience al Manin, dove non mancheranno i cocktail con Marco Uva e Matteo.
Mentre si potranno ascoltare Dino&Luca, stuzzicando al buffet del Deon, Stefano Vendramini all’enoteca Mazzini, The Lipstick Guys al bar Sirena e Tette e l’8 al bar Duomo, poi ancora Mad Carbone all’Opera e Marzio Casagrande all’Antica Scuderia.

Se siete amanti dell’enogastronomia e volete conoscere dei sapori nuovi, non fatevi sfuggire la degustazione di polpettine e merlot bio o prosecco Centore all’Insolita Storia dalle 19:00 alle 21:00, oppure la degustazione di birre estere al Bristot, e ancora il prosecco Astoria con i formaggi del bar Goppion e gli stuzzichini con prosecco del bar Conte.

Per chi invece vuole una serata davvero particolare, l’Antica Birreria Mezzaterra propone una serata LGBTI gender free con spettacolo a sorpresa e la possibilità di scegliere tra due menù: lo small e il medium.

Un programma intenso e variegato, per un venerdì tutto musica e sapore al quale ne seguiranno altri nei prossimi mesi… Stay tuned.

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Frittelle di mele e uvetta
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Frittelle di mele e uvetta

Frittelle di mele e uvetta

Uno dei simboli del Carnevale sono i dolci e oggi #cucinaconrob oggi ci propone una semplice ricetta per preparare le frittelle di mele e uvetta.
La frutta fresca diventa così una tentazione golosa a cui è difficile dire di no e perché dovremmo? A Carnevale è consentito fare qualche strappo alla regola e deliziarsi con le specialità della tradizione culinaria bellunese.

Frittelle di mele e uvetta – Gli ingredienti

una mela
succo di mezza arancia e buccia grattugiata
succo di mezzo limone e buccia grattugiata
170 g di farina 00
2 cucchiai di grappa
un uovo grande
mezza bustina di cremor tartaro o lievito per dolci
3 cucchiai zucchero semolato
40 g di uvetta
un pizzico di sale

Frittelle di mele e uvetta – La ricetta

Per preparare le frittelle di mele e uvetta iniziate tagliando le mele a pezzetti e lasciandole macerare con succo e buccia degli agrumi per un’ora almeno, meglio due. Nel frattempo mettete a mollo l’uvetta.

Finita la macerazione, lavorate in una terrina con il solo succo della frutta i restanti ingredienti per la ricetta di frittelle di mele e uvetta agli agrumi. Tutti eccetto gli albumi, che vanno montati con un pizzico di sale e aggiunti alla fine incorporandoli con una spatola: saranno questi a rendere l’impasto, inizialmente piuttosto secco, molto morbido.

Versate a cucchiaiate l’impasto frittelle di mele e uvetta in abbondante olio caldo intorno ai 170°C. E’ preferibile utilizzare l’olio di arachidi che mantiene più a lungo alte temperature e ha pochi grassi polinsaturi. E’ inoltre opportuno servirsi di cucchiaini per fare le frittelle, avendo l’accortezza di bagnare lo strumento prima nell’olio caldo, in modo da far staccare l’impasto.

Spargete sulle frittelle di mele e uvetta ancora calde lo zucchero semolato,per farlo aderire meglio.

Buona scorpacciata a tutti i golosi!

 

 

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The Baldenich Joke

When a trick becomes the most effective weapon.

Maybe not everyone knows that even the Belluno prison can boast a famous story of escape: that which is known to history as the Baldenich Joke when twelve partisans managed to free seventy political prisoners.

It is June 16, 1944 and all is ready for the mission, Mariano Mandolesi, known by comrades as Carlo, leads his men to the gates of the Baldenich prison, where the Germans held their prisoners and that morning inside there are sixteen policemen and ten prison guards.

Their intent is to free Milo, who would be transferred to Trento by them in a few days to be shot and all the others with him, everyday victims of torture and ill-treatment. The whole operation was to take place without a fight, without a shot, without shedding further blood.

And this happened: the Baldenich Joke begins when Carlo comes with eight companions in German uniforms saying they have four prisoners to deliver. In broken German Carlo and others are turning to the police but they ask them for their incarceration documents.

The partisans have none and they try to take time, no guard realizes who is hiding really under the German jackets and hats, and they ask: “No one who speaks Italian?” Then came the prison guard who had just finished his monitoring tour and immediately becomes blocked by Biondino, who takes the pile with the keys to the cells.

Once the prisoners were freed, and the prison guards and police jailed the handful of fugitives go on foot towards the mountains. The prison guards are able to sound the alarm only twenty minutes later when Charles and the others are already at the slopes of Mount Serva, tired but excited to be able to realize the Baldenich Joke, without even firing a shot.