27 gennaio 1945, le tre del pomeriggio, Auschwitz. Una giornata gelida di un inverno particolarmente rigido. I cancelli del campo di sterminio polacco vengono abbattuti dall’Armata Rossa durante la sua rapida avanzata dalla Vistola all’Oder. A capo del reparto che per primo entrò nel lager il maresciallo Konev.
27 gennaio 1945, le tre del pomeriggio, Auschwitz. Una scritta, “Arbeit macht frei”, accoglie i soldati dell’Armata Rossa. Attraverso i loro occhi il mondo verrà a sapere com’è fatto l’inferno, e non sarà più lo stesso.
27 gennaio 1945, le tre del pomeriggio, Auschwitz. Una liberazione che non ha nulla di gioioso per chi ad Auschwitz è riuscito a non perdere la vita; sono infatti troppi i sentimenti contrastanti dei superstiti, l’umiliazione subita, la follia, la vergogna di essersi salvati, la sfiducia nel genere umano. Primo Levi ce lo racconta bene.
Un orrore che ha toccato tutti, Belluno incluso. Forse non tutti sanno che furono 983 i deportati dalla provincia, di cui 882 nativi e circa un centinaio invece provenienti da fuori. Un quadro articolato e complesso quello della deportazione nel territorio bellunese, come ha spiegato il Professore Enrico Bacchetti dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea- ISBREC, a capo di un progetto di ricerca volto alla ricostruzione della storia di chi, nel territorio bellunese, ha conosciuto la deportazione e la prigionia.
Nel corso della conferenza dal titolo “Verso un dizionario storico-biografico della deportazione nei confini bellunesi”, svoltasi nella sede dell’Archivio di Stato di Belluno il 26 gennaio 2014, il professor Bacchetti ha insistito sull’importanza di studiare il fenomeno della deportazione: “Gli storici si interrogano da anni su quanti effettivamente furono i deportati nella Seconda Guerra mondiale” – dice il Professor dell’ISBEC – “forse 10, o 12 milioni. Ma sono solo cifre che sono frutto di stime, basate sulla lacunare documentazione dei lager”.
Lo scopo di questo lavoro di ricerca è quello di avvicinarsi ai numeri esatti partendo dalla storia locale, per costruire un dizionario storico geografico che si configura come un monumento di carta dovuto a chi pagò un prezzo così alto alla guerra. Da qui l’appello a tutti gli abitanti della provincia di Belluno: collaborate alla costruzione di questa importante ricerca tramite i vostri ricordi legati alle vostre famiglie, ai vostri conoscenti. Solo così si riuscirà a costruire un documento il più possibile completo, che possa dare un’idea precisa del fenomeno della deportazione nella provincia di Belluno.
27 gennaio 2015, Belluno. Un invito a partecipare attivamente, collaborando a tenere sempre viva la memoria della Shoah perché “le cose che si dimenticano” dice Mario Rigoni Stern “possono ritornare”.