Monte Serva

La città di Belluno è l’unico capoluogo italiano il cui territorio rientra interamente tra i confini di un parco nazionale, quello delle Dolomiti bellunesi, di cui costituisce certamente una delle principali porte di accesso. Il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi è un’area protetta istituita nel 1990, e si estende su circa 30.000 ettari nel territorio di ben 15 Comuni della provincia.

Il Monte Serva è un colle erboso, dall’aspetto rassicurante, che chiude a nord est la Val Belluna, ma che raggiunge in verità la ragguardevole quota di 2133 metri sul livello del mare. Quando d’inverno il sole al tramonto ne illumina i versanti innevati, che assumono così tonalità rosate, e dalla città ormai in penombra se ne osserva lo splendore, o quando in pieno giugno appare verdissimo, fin sulla cima, prima che l’aridità estiva ne faccia perdere la brillantezza a partire dalle coste più aride, il Serva è un vero spettacolo.
Un tempo era montagna di fienagione (in basso) e di pascolo (in alto), quindi di stenti e di fatiche; oggi i prati non vengono più falciati ma un gregge di pecore ne percorre ancora i versanti durante la bella stagione.

Questa montagna si trova all’interno del Parco Nazionale, e ne costituisce uno degli ambiti più interessanti per la flora e la vegetazione, in termini di ricchezza e varietà di specie. Il monte vanta, infatti, una storia di esplorazione floristica molto antica, tanto che le prime raccolte botaniche, documentate in erbari storici, risalgono addirittura al 1400. Molte sono le emergenze floristiche degne di nota: si va dai relitti di flora artico-alpina (Elyna myosuroides, Chamorchis alpina, Non ti scordar di me nano-Eritrichium nanum), al raro Geranium argenteum, che vegeta sulle creste spazzate dal vento; nei ghiaioni va citato l’Alisso dell’Obir-Alyssum ovirense, mentre negli ambiti più indisturbati delle Crode dei For vegetano specie bellissime e rare.

Anche sotto il profilo faunistico il Serva è ambiente degno di nota, basti pensare all’aquila reale, che ogni giorno sorvola i pendii erbosi alla ricerca di qualche preda. Ma nelle praterie si possono osservare anche la coturnice, il gheppio, la lepre, il capriolo. D’inverno, inoltre, le creste sommitali vengono talora visitate dalla pernice bianca, mentre i camosci e i galli forcelli popolano i versanti più dirupati della parte settentrionale del monte.

Dal punto di vista escursionistico, la base di partenza per qualunque itinerario è il Col di Roanza, una località davvero amena e panoramica, posta a pochi minuti di macchina dal centro; da qui si possono intraprendere numerosi itinerari: alcuni portano nella valle dell’Ardo (Pont de la Mortis; Mariano e quindi Schiara), ma il più frequentato conduce, seguendo il sentiero numero 517 alla cima del Serva, passando per la Casera Pian dei Fiòc, base operativa estiva del pastore che può tuttavia offrire un riparo anche agli escursionisti, che salgono davvero numerosi in ogni periodo dell’anno. La passeggiata, non particolarmente difficile ma impegnativa per il dislivello, richiede circa tre ore e mezza di cammino.

Nelle giornate più limpide dalla vetta lo spettacolo è assicurato: si può osservare a sud Venezia (ben riconoscibile), mentre nelle altre tre direzioni si susseguono, a perdita d’occhio, le più importanti e note cime dolomitiche.

Foto di copertina di Rivier De Mari

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